giovedì 12 novembre 2009

Lo zio Giacomo è deceduto

Domenica 1 novembre Giacomo Giantin ha improvvisamente lasciato la vita terrena: lo stesso giorno in cui mio figlio, che porta il suo stesso nome, è diventato maggiorenne. Qui sotto l'orazione civile in mortem, a memoria di quanti lo hanno conosciuto, amato, stimato. " Lo zio Giacomo ha intrapreso il suo ultimo eterno viaggio. Va a raggiungere i nostri cari che lo hanno preceduto. Se n’è andato come è vissuto, con la discrezione e la riservatezza che ne hanno contraddistinto la lunga ed intensa esistenza mortale. - Come stai zio ? – gli chiedevamo spesso noi nipoti quando lo vedevamo camminare incerto ma infaticabile nel grande cortile di casa, intento ad annaffiare i vasi di fiori o a zappare le piante del giardino che amava tanto o cibare e a curare pollastri e conigli. – Mai sta cussì ben ! - rispondeva, anche se così non era, preoccupato di essere di peso a qualcuno o per qualcosa . Si può dire uomo a 360 gradi, tanti erano gli interessi e le cose di cui si è occupato nel corso della sua vita. Uomo schivo ma tenace . 84 anni vissuti intensamente a curare soprattutto gli interessi dell’azienda di famiglia, intento alla cura materiale e spirituale dei suoi vecchi ( il padre e gli zii paterni), radici invecchiate e poi rinsecchite e morte serenamente grazie soprattutto a lui. Voglio ricordarlo prima di tutto così lo zio, a simbolo di un modo di vivere la vita come forse non si usa più : passione, abnegazione, comprensione dei bisogni e sentimenti altrui, fino a soffrire profondamente quando, come purtroppo succede per diverse vicende in tante famiglie, si spezzano o si perdono affetti e legami fino all’altro ieri indissolubili. Lo zio Giacomino, anzi Giacomo o “ Iacomin” come tutti lo chiamavano, è stato un vero signore di un tempo che forse non tornerà più: nobile di cuore, il dottore di tanti in paese, poeta, scrittore, cicerone per chiese musei e palazzi, ma anche giardiniere, coltivatore diretto.. insomma un nobiluomo come pochi ormai. Laico, ma profondamente credente, liberale nelle idee e nell’orientamento politico, aveva per tutti coloro che lo frequentavano affabilità d’animo, sapienti consigli e grande umanità. Di lui resta traccia, per quanto si è prodigato in consigli ed aiuti, anche nelle opere dei nostri scrittori locali. Grazie allo studio individuale, sostenuto senza bisogno di soloni o grandi esperti, grazie alle letture ed alla passione per la storia, l’arte, la musica, il teatro e le arti figurative era in grado di sostenere conversazioni ed appassionate discussioni con chiunque su ogni argomento. Capacità che egli ha riversato anche nel curare l’ educazione e la nostra crescita: godeva dei successi scolastici di nipoti e pronipoti, abbiamo avuto un prof. in casa che ci ha aiutato ad amare lo studio, la letteratura, ( sul comodino all’ospedale spiccava un testo di G. D’Annunzio, scrittore da lui tra i più amati),ad amare le scienze, la lettura e le cose belle. Io stesso da lui ho ereditato amore e passione per la cultura, per il mio lavoro, per la politica, quella vera. Caro zio, hai condiviso con noi i momenti delle nostre unioni matrimoniali, il battesimo dei nostri figli, le nostre gioie, successi ed insuccessi. Ci hai dato, da saggio com’eri, indicazioni utili per esprimere i nostri valori e realizzare noi stessi. Eri conosciuto e stimato in paese, ma anche in Riviera del Brenta , fino a Venezia; ti sei sempre dimostrato personaggio schivo, riservato, ma eclettico. Eri innamorato di Venezia e delle vicende legate alla storia della Serenissima, che frequentavi settimanalmente quando la salute ed il peso degli anni ti permettevano di arrivarci per la stagione teatrale del Goldoni e quella musicale della Fenice, ad incontrare la sorella e gli amici. Avrai ancora qualche cruccio, caro zio, dall’aldilà: non ha ancora visto le stampe quel tuo libro sul marchese Manfredini alla redazione del quale hai lavorato per anni, e l’oratorio di famiglia cui tenevi tanto, non è ancora restaurato. Faremo di tutto, zio, perché siano realizzati questi tuoi sogni . Riposa e porta con te il profumo dei fiori e delle piante del tuo giardino, zio, il silenzio dei mattini e delle serate vissute nelle stanze della grande casa che lasci quaggiù. Eravate tre: tu, mio padre Italo, mia madre Fiorenza; ora in quella grande casa i nostri/ miei vecchi sono rimasti in due e mamma, che ti ha amato come un fratello, so che continuerà all’ora di pranzo e di cena, alla finestra, a chiamarti in cortile: “ Iacomiiin, xè pronto ! “ e tu risponderai presentandoti sempre più tardi, intento a curare la casa, i mobili, i quadri, il giardino, il pollaio, i tuoi libri ed il patrimonio artistico di cui hai riempito nei decenni casa ed il patrimonio spirituale la cui mancanza, oggi ci rende tutti più poveri. Ti accompagni la preghiera di Don Massimo, cui hai voluto particolarmente bene, quella di Don Michele Don Florindo e Don Gimo che ti hanno stimato dal primo momento in cui ti hanno conosciuto e quella di tutti noi, parenti ed amici. Ti accompagnino infine,alcuni versi di una delle tante poesie che ci hai lasciato: Amo il sole, il silenzio, ampi spazi, amo gli amici, pochi, schietti stare assieme il canto d’esser vivi. La notte pure, or coi lumi a rischio, amo la vita, alti e bassi suoi non per barattar cattiva sorte, ma nuovo uscirne. Amo gli anni crescere l’infinito del porto franco, amo il creato, il bene, e tutto ciò che esiste. Ciao zio, si fa sera, ritirati nella tua cameretta, tra le tue carte e.. resta ancora tra noi. Passerò più tardi per vedere se hai bisogno di una mano in giardino o al computer; so già che faticherò a farmi dire di sì. – Va casa che i te speta, saro mì dapartuto – mi dirai per l’ennesima volta. Ciao zio. Ciao Giacomo. Ciao Iacomin! buon viaggio.. " Flavio Giantin. Nipote