venerdì 12 dicembre 2008

Raccolta di dieci poesie del secolo scorso.
Pubblicazione: dicembre 2008.



VILLE VENETE . 1960

E’ nostro il bagaglio gonfio di storia
alle spalle gran falò d’illusioni,
gioielli alla luce il parco a navate
pace un viaggio viverle assieme.

Che botto tremila in odore di fasto
pennellate nostrane in acque barbaglio,
se manco pietra virtuali alla mente
polso di stampe alle pareti del tempo.

Sedotte all’arco delle Dolomiti
coro degli Dei l’eco dalle cime,
guerra il gene prurito di Caino
spina profonda umana soltanto.

La vela affanna doglie sull’onda
in grembo la sua buona stella,
Villa Veneta nei quattro continenti
sarà verde il pianeta della vita.


LA BRENTA E DINTORNI. 1960

Un dì lungo la Brenta
che forte!
Scende il Burchiello
l’acquerello Riviera Fiorita,
a sera agresti le stelle.
Icona il camino sui tetti
al vezzo di vento, bianco
si sgranchia.
Gli dei fanno grazie
di forze al ventaglio
umane,
agio dai nostri palchi
incappano sulle sculte
pietre.
Le rive del naviglio cantano
non imbranate dal cemento,
alle bocche un miraggio:
Venezia:
avesse la Brenta frenato
l’impeto di rabbia alle piene,
il Canal Grande sarebbe un rio.


RIVA VERDE DEL CANAL GRANDE. 1962

Brenta nota d’acque vessate
verso il mar iride a spocchie cime,
mormorio fra canne di afe estive
specchi d’immensità approdano a ville.
Fiaccole d’Imeneo di storiche stagioni
ritrovi il tempo degli ozi antichi,
pinti verso foce da leggende auree
angoli e spazi con le piene in fronte.
Di primo guado la Brenta amica
risveglia il sogno là dove lasciato,
alle bellissime da mozza fiato
imbrunali di platano canti d’esperando.


CASELLO NOVE. 1978

Non rimane che un rosso casolare
a fasce slavato, occhi orbati,
più rottura che casa al punto
di crollare sui ricordi andati,
in croce tra due grandi strade
gimcana aliena lungo le ville.
La Pina del Casello attenta,
caduto l’eco fischio del trenino,
toglieva la banderuola rossa
segno di fermata, o non metteva;
bucava la nebbia il suo ritardo.
Colmava il filo dai pali di tenuta
specie tra traliccio a scatto,
qualcosa che scuoteva dentro
il moto di nuova spinta.
Addio! Ciao bella età,
squarcio al mio passato
vago come l’ora di partenza,
di stanchezza oggi arriva
per vie randagie il tempo,
cercando l’equilibrio che non trova.


LA RIVIERA DEL BRENTA. 1981

Ville in età di muffa
Ecate impari il tiro aggiusta,
vetuste ombre diatriba
di mura l’inciampo staglia

Cotto di brecce fosfatiche
fiato d’Olimpo a viscere stanco,
schianto di statue, scherma di pioppi,
avvoltoi d’asfalto alla propria carne.

Vellicando dovizie per grate di Vesta….
ciò che fu più man di calce rena,
appiedate le chiuse a colpi del mondo
ove la storia raccoglie i suoi cocci.

Torbidi mulinelli corsia d’acqua
specchi sfocati ruota d’avoli,
le barene dell’uomo fra drudi silenti
perdono ossigeno sfiatata la laguna.


IL BURCHIELLO. 1970

Verdi rive a giugno seni d’alpacca
vacillano lumi, ossame d’antiche ville
in vestale silenzio, un mondo d’incanto
svegliato a morsi. Ieri la via del fiume
saliva efesia, all’insegna il cuore arena
stuzzicar la spinetta, il salotto muove.
Duole oggi soffocarla, spuma la scia,
di botto lo sguardo morde la fiocina.

Secoli giovani sull’onda in brigata
calano tortuosi e lenti, il bello e brutto
del presente quest’aria pregna,
scia del pettine franante il ciglio.

Mai più torneranno:né parola né anima;
cadute glorie bianco cabrar di voli
lari sui greti movenze di cannule.
Femmina l’acqua indugia sotto i ponti
la memoria corta del tempo, agli dei
di latta buco il cielo ha toccato il fondo,
occhi a statue incavo febbre dalla madre
lunga vista ha nervi di cedere.
Quadri del Brenta a balzi di sole,
scortate fughe di pioppi, ombre allodiali,
ogni parco corale al petto stringe
uggia di terre fossili mutar scoperte.
Adorne mura familiari di sventate pianure
rimembrano: vestono balivi orinni e figure;
avide mi tolgono terribili il sonno
in Riviera violento preme il domani.
E’ già oggi ragion di essere
mancare a notte fonda la Storia,
la mente arena rompere gli ormeggi
impossibile il passato in piedi i suoi incubi.

CAMINI DELLA RIVIERA. 1980

Il vento è cambiato; filo di fumo
a capriole sull’aia, gottosi allo sfratto
i camini all’antica non sbruffano più.
Ceduo il sole era foco l’inverno
distese foschie favole ite, porto
dell’angelo, quercia il patriarca, sera
dei morti, civette, il cuore in mano
vegliava su panche volute sciogliendo.
Nacque la vecchia, il rastrello
senza sangue, streghe e scopazzi per aria,
sgusciata la luna tremanti le ombre.
Camini dei nonni a stile o dimessi
con barba ancor nera, incolta
edace la fiamma e pur avamposto,
ai vostri piedi misfatto, schermaglie
d’amanti, di chi ha tramato, amori
puliti indugiando coperta la brace.
Alteri per strada vi tengo sott’occhio
antenne spente di cieli, testimoni
di pietra scottati, il blasone nel marmo,
ai “casoni” eremi di memorie ruspanti.
Ognuno crepita la sua storia alla briglia
o fascine in faville di rurali barchesse;
quel calore da noi in colpa riflusso
or divampa cresta di ciminiere.
Non uno ha parlato: lungo il cammino
sicuro approdo se tepor di camino.


CHIESETTA DI VILLE VENETE. 1983

Cantate chiesette cuore di villa
a rischio un coro candeggio di tunica,
allo scoperto l’anima dei padri
anno zero in erba il destino,
riflusso falla su vecchia orma.

In curva del fiume o nascoste a frangetta
di fronde manca a crescita l’uomo,
sulla propria pelle una frana
palle di vento ad ogni impulso
voce del fato a rotoli l’eco.

Chiesetta privata di caste in disuso
gli ex voto di pregio tacciono i muri
miracoli veri quasi mai anche oggi,
fede da matti da sola non basta
spesso l’uscita dal tunnel in bianco.

La campanella ingabbiati i suoi tocchi
frusta nell’intimo altari barocchi,
dove qui tarda la gloria
ossa consunte dal fasto
son più sole a loro insonnia.


DELLA FOSCARI
Detta LA MALCONTENTA. 1982


Ecco il tempo d’abitare fuori mano
intimo colloquio tuffo di sereno;
parve luogo di meno a dama
la sua rottura fatta femmina
gabbia d’oro di pena oscura.

Favola filtrata dalle chiuse, disco
opale adesca soffiato nodi di piombo;
oppur contesa volgo mai accontenta
o per savi di Geo divenne prova
A se bastava in tutto. Or in seno
orizzonti di caldura trama la vecchia,
il suo tempo sudato dondola disumano

sulle spalle curvo negli intenti,
gente di tal calibro fortuna mena.
e s’accompagna la chitarra in fiato;
l’affresco la verità ha di poi tacere.
E’ l’Olimpo del colore. Passarono magni
i secoli di qua, il pronao li spopola
trebbi passi più deboli del suo cuore.

La lesena punto vita al Palladio
sull’arco d’acqua linea d’infinito;
di gas lo stormo mai sazio cala
oggi ai pioppi mozzato il fiato,
tossica l’estate ancor vergine anemica.


VILLA PISANI. 1979

perla
in una collana d’acqua
sul petto verace d’Europa.
E’ cà di Doge
fluida nel palladiano amplesso,
piuma in volo il piacere all’apice
qui villeggiavano teste coronate.
Virtuale al Costa,
girone di fata morgana
comune nemesi non mollava la piena,
di settembre cosmica alle prime nebbie.
Distratte le ore al clono di Capi
scandite premono mura sfiatate,
radice del nulla balzo le chiuse
a sponda equestre echi franati.
Un sacco di giri siepi di bosso
mettono a grida l’inno dl Fuoco
ove a pezzi amor non verdeggia,
l’esedra quadrivio a navate di platano
fasto ai Belvedere ciacolar di maschere.
Il colonnato inventa una fuga
l’androne apre il passo di paggi,
vaghe notti stellate pernotta
il raggio di luna sdoppiata sull’onda.
Carrozze il coro accennano, dalle scuderie
qual’inno le muove spazi alla pace
alle arti, le scienze, gaudio agli dei
in gloria i Pisani dal poeta del colore;
ed oltre, bocci accesi pallor di bautte.
Ritorno nel gorgo,
barbuglia di tal posteri nuova voce:
non affondar a tremori di piombo l’immagine
mai più schianti braccia al cielo gli alberi.
Nuovo millennio lume ai Pisani;
non prema domani mancato risveglio
o in gamba la Storia danzò l’ultimo velo.


Ecc….ecc…..ecc…..(tutte le ville della Riviera)